Medici e Tecnici veterinari entrano quotidianamente in contatto con animali portatori di malattie infettive. Sebbene la maggior parte di queste patologie siano specie-specifiche, ossia tipiche solo di quella specie, alcune malattie degli animali possono comunque rappresentare un rischio anche per l’uomo. In questi casi si parla di zoonosi.

Secondo un rapporto Inail del 2019, il 75% delle malattie emergenti a livello mondiale sono zoonosi, il che significa che il rischio per la sanità pubblica è estremamente alto. I pericoli maggiori sono rappresentati dall’intensificarsi degli scambi commerciali di animali e prodotti di origine animale tra i vari Paesi; inoltre il pericolo di diffusione è ulteriormente aggravato dall’aumento degli animali domestici in ambiente urbano.

Il potenziale pericolo di contagio derivante dal contatto con un animale infetto può essere gestito al meglio conoscendo e applicando le norme igienico-sanitarie indispensabili per ridurre al minimo la possibilità di trasmissione.

Le potenziali vie di trasmissione

Le zoonosi possono diffondersi da un animale all’altro e dagli animali all’uomo, mentre di solito non si trasmettono da uomo a uomo; perciò l’uomo si ammala soltanto attraverso gli animali.

Le vie di contagio possono essere dirette (per contatto con muco, saliva, latte, sangue, urine, feci) o indirette (acqua, terreno, materiali, cibo contaminati). Le vie di contagio sono quindi svariate, e ogni zoonosi può averne più di una.

Uno dei più comuni veicoli di contagio è la presenza di un vettore in grado di trasmettere l’agente patogeno da un animale all’uomo. I vettori più comuni sono in genere artropodi (zecche, flebotomi, zanzare). Attraverso la loro puntura avviene la trasmissione biologica attiva di molte malattie infettive: le pulci giocano un ruolo fondamentale nella trasmissione di Dipylidium caninum e Bartonella henselae, mentre le zecche possono veicolare virus, batteri, protozoi ed elminti. Tra le più gravi malattie trasmesse all’uomo dalle zecche vi sono la malattia di Lyme e le rickettsiosi, che danno luogo a febbri, vasculiti e in alcuni casi complicazioni a carico del sistema cardiovascolare, renale e del sistema nervoso centrale. Ovvie ragioni di igiene pubblica giustificano pertanto l’utilizzo sugli animali di affezione di antiparassitari specifici, da somministrare periodicamente, soprattutto a scopo preventivo.

Nel nostro lavoro il contatto durante la visita con urine, feci, saliva, latte e sangue dell’animale infetto rappresenta il più comune mezzo di contagio.

Diventa quindi indispensabile saper riconoscere le zoonosi a cui siamo più facilmente esposti, al fine di poter applicare correttamente i protocolli igienico-sanitari.

Le principali zoonosi

Il quadro generale delle zoonosi in Italia ha subito negli ultimi anni un cambiamento graduale ma radicale, dovuto sia ai cambiamenti climatici che al successo di campagne vaccinali e profilassi mirata.

  • La rabbia, per esempio, è ampiamente diffusa in tutto il mondo, ma grazie alle vaccinazioni a tappeto sui selvatici e sui cani svolte negli ultimi decenni, l’Italia è considerata ormai quasi completamente esente, fatta eccezione per alcune zone di confine. La leishmaniosi, invece, era prima piuttosto rara e limitata ad alcune aree costiere, mentre ora è segnalata in molte regioni, sia per la diffusione del vettore sia per l’incremento del numero e della mobilità dei cani che hanno facilitato il propagarsi dell’infezione. Questa malattia rientra tra le prime sei patologie più pericolose per la salute umana, ed è trasmessa dal cane tramite il flebotomo (o pappatacio). Il cane riveste il ruolo di serbatoio primario della malattia, mentre il vettore rappresenta il principale diffusore di Leishmania infantum da cane a cane, da uomo a uomo, da cane a uomo e viceversa. Nell’uomo, questa zoonosi può dar luogo a due forme cliniche: la leishmaniosi cutanea e mucosa e la leishmaniosi viscerale. Entrambe possono evolvere da una forma all’altra ed esitare in un’apparente guarigione con possibili recidive.
  • La leptospirosi deriva dall’infezione della Leptospira interrogans, un batterio che può causare danno nefrologico o epatico grave, in alcuni casi portando anche alla morte. In ambiente umido la sua resistenza è molto elevata, questa malattia sarebbe quindi molto più presente se la vaccinazione dei cani non fosse così diffusa. Uno dei principali vettori della malattia è il topo, che di norma infetta il cane per via diretta (es. il topo morde il cane) o indiretta (es. il cane ingerisce acqua contaminata da urine di topo infette).
  • Le dermatofitosi sono tra le zoonosi più comuni e facilmente trasmissibili all’uomo, anche se il rischio è decisamente più elevato per le persone immunodepresse e i bambini. Il contagio avviene per contatto diretto con l’animale o anche per via indiretta attraverso oggetti contaminati.
  • Il Microsporum canis è uno dei funghi più diffusi nel cane e rappresenta il patogeno più comune nei casi di micosi cutanea dell’uomo, che si manifesta soprattutto con lesioni nella sede di contatto: queste vanno a formare un anello eritematoso a carattere desquamativo, con tendenza alla risoluzione spontanea.
  • Le infestazioni endoparassitarie del cane e del gatto sono un’altra comune zoonosi. Questi parassiti sono innumerevoli, e fortunatamente nella maggior parte dei casi specie-specifici, ma alcuni vermi come il Dipylidium caninum (una tenia) e l’Echinococcus granulosus possono infettare in modo diretto o indiretto anche l’uomo, con conseguenze anche gravissime in caso di idatidosi: le larve, infatti, possono migrare nei tessuti formando lesioni cistiche ovunque nell’organismo (soprattutto in polmoni e fegato, più raramente in rene e cervello).
  • La giardiasi è una malattia causata dalla Giardia, una varietà di protozoo flagellato appartenente all’ordine dei Diplomonadini, potenzialmente in grado di infestare l’uomo, il gatto e il cane. La trasmissione di questa malattia avviene per ingestione delle cisti, eliminate nell’ambiente esterno dal soggetto parassitato attraverso le feci. Mentre negli animali i sintomi a carico del gastroenterico sono comuni, e in molti casi anche abbastanza importanti, la maggior parte delle persone infettate non manifesta sintomi clinici, anche se sono stati segnalati casi di gastroenteriti, a volte gravi, nelle persone immunodepresse.
  • La malattia da graffio del gatto è trasmessa da un parassita del sangue, la Bartonella henselae, inoculato dalle pulci o tramite le lesioni cutanee causate dalle unghie del gatto. La malattia si manifesta in un arco di tempo che varia da una settimana a un mese dal contatto, e dà luogo all’ingrossamento dei linfonodi regionali, in alcuni casi portando anche un’infezione purulenta, con dolore e febbre. Guarisce generalmente in poche settimane.
  • La toxoplasmosi, ultima, ma non per importanza, è forse la zoonosi di cui si parla più spesso, a volte anche a sproposito. Il Toxoplasma gondii è un protozoo in grado di infettare praticamente qualsiasi specie, comportandosi però in modo diverso da caso a caso. Mentre nel cane e nell’uomo è infatti possibile contrarre la malattia senza possibilità di infettare altri animali, i gatti e i felidi in generale sono il vettore che permette al toxoplasma di liberare nell’ambiente le sue oocisti attraverso le feci. Queste oocisti, dopo un periodo inerte, che in ambiente caldo-umido va da uno a cinque giorni, si schiudono rilasciando le forme infettanti. Per questo motivo, il gatto viene spesso erroneamente visto come il principale e più pericoloso veicolo di questa malattia, che nella nostra specie è molto pericolosa se contratta in gravidanza perché può causare danni permanenti al feto e anche l’aborto (in soggetti non gravidi il decorso è in genere asintomatico). In verità il contagio attraverso i gatti domestici è abbastanza improbabile, soprattutto se le feci vengono rimosse quotidianamente dalla lettiera, ed è molto più facile contrarre la toxoplasmosi mediante l’ingestione di frutta e verdura non correttamente lavate e carne contaminata cruda o poco cotta.

Abbattere i rischi

Considerando che la resistenza degli agenti patogeni nell’ambiente è variabile, talvolta anche piuttosto duratura, diventa fondamentale detergere e in seguito disinfettare accuratamente gli ambienti dove hanno soggiornato animali anche solo presunti portatori di zoonosi. Il comportamento adeguato da adottare è quello che si assume per gestire correttamente un qualsiasi animale infetto: l’operatore deve indossare sempre guanti in lattice spesso, o doppi guanti, vestiario e materiali dedicati e, se possibile, monouso (indossare un camice sopra la divisa). Le mani devono essere accuratamente lavate dopo aver manipolato un animale infetto o potenzialmente tale, e bisogna prestare attenzione a non toccarsi il viso. Dal momento che molti agenti infettanti sono volatili e resistono a lungo nell’ambiente, è buona norma effettuare periodicamente il vuoto sanitario per neutralizzarli.

Nel momento in cui la diagnosi di una zoonosi pericolosa per la salute pubblica dovesse essere conclamata, il medico veterinario deve segnalare il caso al servizio veterinario dell’ASL competente per territorio. I veterinari dell’ASL, oltre a fornire informazioni sulla malattia, eseguiranno le indagini epidemiologiche per stabilirne origine e diffusione e metteranno in atto le misure sanitarie necessarie per evitarne la propagazione sia negli animali che nell’uomo.

Fonti

Rueca, M. Tommasini Degna, Tecniche infermieristiche, Poletto editore, 2007;

Rapporto Inail 2019, Zoonosi vettore-trasmesse: rischi occupazionali;

Enciclopedia Treccani, Zoonosi 

PVI – Point Veterinaire Italie Zoonosi Parassitarie e micotiche

ASL CN2 Malattie Trasmissibili da animale a uomo

Epicentro – Istituto Superiore di Sanità Zoonosi

Epicentro – Istituto Superiore di Sanità Rabbia